750 grammes
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3 aprile 2013 3 03 /04 /aprile /2013 13:04

senza data

Di Prosecco Millesimato se ne sono occupati già in tanti (forse in troppi), in alcuni casi in modo platealmente prevenuto, in altri in modo favorevolmente interessato (leggi tornaconto), ma la domanda rimane e permane: ha senso produrre un Prosecco Spumante metodo Charmat con l’indicazione del millesimo? La risposta, a mio dire, è NO: nelle situazioni più positive il termine millesimato è parola succedanea di qualità (intesa come uve/vigneto/vasca/spremitura migliore) nella situazione più negative è invece una sonora presa per i fondelli ai danni del consumatore finale…

Chi legge questo blog non ha certo la necessità di apprendere dal sottoscritto il significato del termine millesimo (uve di una singola annata) dobbiamo però cogliere l’interpretazione che il consumatore da a questa parole: qualità! E’ infatti intrinseco che uno Spumante Metodo Classico si realizza con singolo millesimo solo nelle annate favorevoli o superlative (oramai anche alla casalinga di Voghera è noto come si preferisce produrre in assemblaggio - cuvée – da diverse annate per meglio gestire gli effetti della variazioni climatiche, tanto per qualità come per quantità) e pertanto viene automatico pensare che quando ci si imbatte in una bottiglia di Prosecco Charmat Millesimato ci si imbatte nel prodotto proveniente da una singola annata… superlativa, peccato non sia così!

Il Prosecco viene quasi sempre prodotto (sarebbe meglio scrivere sempre, senza quasi) con uve di una singola annata: tolte le ultime autoclavi dell’anno o le prime di quello successivo alla vendemmia, dove si supporta un vino troppo giovane e quindi privo di struttura, con una parte di quello dell’annata precedente il Prosecco spumante è millesimo, ed allora perché insistere nell’utilizzo di tale termine? Per una finta forma di prestigio? Per giustificare, come scritto in apertura, una qualità superiore alla media della propria produzione? Ma che diamine, la fantasia italiana ed il nostro immenso vocabolario ci danno modo di non dover ricorre a tale bassezza… fosse poi vero: apro bottiglie di “millesimato” che hanno identica qualità (magari alta) rispetto alla “normale” produzione! E di qualche azienda è il 13esimo anno consecutivo in cui vedo il mellesimo in commercio - senza nessuna interruzione - significa che per 13 anni consecutivi hanno avuto un prodotto così superlativo da "marchiare" con tale termine?

Allora diamo soluzione a questa misera trovata pubblicitaria: abroghiamo l’utilizzo del termine millesimo nella DOCG Prosecco Valdobbiadene-Conegliano ed Asolo, sarebbe un modo efficace per far comprendere alla stampa specializzata, ed ai consumatori attenti, che gli spumanti prodotti in questi comprensori fanno qualità e non vogliono ricorrere a trucchetti di bassa lega per imporre il proprio prodotto.

Sbaglio?

AC

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27 aprile 2012 5 27 /04 /aprile /2012 09:12

GT

Già, cari amici che mi leggete, a chi giova un articolo dal titolo così provocatorio?
Me lo chiedo da oltre un mese, senza risposta alcuna, e per spiegarvi il perché della mia domanda vado per ordine ricapitolando il tutto.
Alla fine del mese di marzo Affari Italiani “il primo quotidiano on-line” pubblica un articolo (questo per l’esattezza) con il roboante, ed a mio avviso diffamatorio, titolo sopra riportato.
L’articolo nel suo contenuto non riporta più tale frase, ne intende sostenere che il Prosecco provochi il tumore, ma si limita alle solite (ovvie, trite e ritrite, e non per questo meno sciocche) affermazioni prive di supporto scientifico: ovvero che i vigneti della zona Conegliano-Valdobbiadene sono quelli ove si fa maggior uso di pesticidi e fitofarmaci, che se ne fa un uso smodato, che questi vengono irrorati con gli elicotteri, e tutte quelle storie già note e di cui in questo blog vi ho già parlato.
Sia chiaro che io non voglio entrare nel merito dell’articolo: è il solito articolo parzialmente inutile perché non aderente alla realtà e comunque sbilanciato verso una sola versione (ed a cui hanno già risposto, come potete leggere qui, in modo esaustivo e con la dovuta determinazione il bravo viticoltore Andrea Miotto – anche in qualità di Presidente del Comitato Mostra del Prosecco di Vidor e Cobertaldo – ed il Presidente del Consorzio di Tutela del Valdobbiadene-Conegliano Giancarlo Vettorello) io mi vorrei soffermare solo sul titolo: può un giornalista pubblicare un simile titolo senza avere uno scopo ben preciso?
Sappiamo tutti che il titolo è la condensazione stessa dell’articolo, d’altra parte ce lo può confermare un qualsiasi vocabolario: “nel giornalismo il titolo è la sintesi attraverso la quale vengono presentate le notizie contenute nell’articolo stesso”, pertanto una volta letta la frase “Prosecco, l’aperitivo ad alta incidenza tumorale” posso solo pensare che bere tale vino abbia questa maligna caratteristica: far insorgere un tumore.
Ed allora quale era lo scopo del giornalista Francesco Bortolucci al momento in cui ha scritto articolo e titolo?
Se egli non è un perfetto sprovveduto già sapeva già che una frase del genere gli poteva portare solo rogne a non finire.
Voleva forse fare audience?
Voleva gettare discredito e fango sul Prosecco? E se sì per dare giovamento a chi o cosa (cui prodest?).
Si potrebbe anche trattare di un singolo “momento di mona” (come diciamo noi in Veneto) ma allora basterebbe ammetterlo… sbagliare è umano, e dire “Signori, nel mio articolo non c’è volontà diffamatoria ne voglio porre in discussione il vino come prodotto ad incidenza tumorale, però ammetto di avere scritto un titolo errato” gli avrebbe solo reso dignità.
Invece il giornalista, nella replica offerta a Miotto e Vettorello, dopo aver difeso – in alcune parti con ragione – il proprio articolo, chiude con la strada della tentata simpatia, ed io avrei preferito una risposta da uomo e l’ammissione che il titolo era ed è al limite della decenza, piuttosto che la ruffiana frase “Al massimo, possiamo dire che l'uso smodato di Prosecco può aumentare l'allegria oltre a soddisfare appieno il palato”.
Sic, e doppio sic!
 
AC
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26 aprile 2012 4 26 /04 /aprile /2012 14:08

a2.jpg

Probabilmente molti di Voi sapranno cos’è la psicosi: è quella situazione di disagio psichico in cui c’è un distacco dalla realtà.
Bene, io non trovo nessun altro modo (se non indicarla, appunto, come psicosi collettiva) per giustificare l’assurdo grido di allarme che continuamente rimbomba tra i colli del Prosecco: per una piccola porzione della popolazione locale, e per la stampa generica, sembra che i viticoltori, da un paio di anni a questa parte, siano diventati i distruttori del creato, gli avvelenatori del suolo e delle falde, gli sconquassatori dell’eco-sistema in cui viviamo.
Personalmente non sono persona favorevole all’utilizzo della chimica in agricoltura, ma vista la formazione tecnica comprendo e giustifico che vi si debba fare un minimo di ricorso (e con piacere vedo che sempre più i giovani viticoltori dosano verso il minimo tali interventi) mentre sono ovviamente contrario all’abuso. (Abuso che come ho modo di vedere personalmente avviene in modo raro e sporadico da parte di alcuni cretini che non meritano certo la qualifica di viticoltori).
Eppure gli organi di stampa non si stancano di dare voce a dei “comitati spontanei” di residenti che si accalorano per quello che definiscono l’abuso dei fitofarmaci (?!? ed ancora ?) da parte dei viticoltori.
Ora io non voglio innescare polemica con questi comitati: ho ascoltato i loro relatori in alcune occasioni e capisco essere gruppi formati dalle classiche persone del “ovunque fuorché nel mio giardino”: senza nessuna formazione tecnica e scientifica accusano il mondo agricolo di essere la concausa di incidenze tumorali dovuto a ben altro... ho visto membri di tali gruppi arrivare ai dibattiti alla guida di SUV da 3.000 di cilindrata (che si sa, funzionano ad energia eolica…) accendersi una sigaretta dietro l’altra (avendo l’avvertenza di uscire dalla sala dove il convegno, sic!) ed incollarsi il cellulare per ore all’orecchio, ed infine non mi sembra (ma qui potrei sbagliarmi, quindi lo asserisco con le dovute precauzioni) di vedere spesso tali persone alle varie giornate ecologiche indette dalle amministrazioni comunali e provinciali, dove gruppi di cittadini volontari raccolgono le immondizie sparse ai bordi delle strade da autentici incivili cittadini. Io non me la prendo con loro, me la prendo con la stampa che deborda come non mai.
L’esempio più eclatante ve lo fornirò domani, ma anche quello di oggi non scherza: nel Corriere del Veneto, inserto locale del mitico Corriere della Sera, a pagina 7 del numero ieri in edicola, trovo un articolo a firma di Mauro Pigozzo dal titolo “il Prosecco tenta la svolta verde. Assalto alla guida anti-veleni”.
Premesso il titolo che dice tutto e niente (cosa significa “assalto alla guida anti-veleni”? Ha un senso come frase?) queste sono le prime 5 righe del pezzo: “Cerano una volta gli elicotteri che sparavano sui vigneti del Prosecco fitofarmaci che facevano paura, c’erano una volta i residenti che si lamentavano dell’inquinamento e che si riunivano in comitati di protesta. La Fiaba delle bollicine, turbata dai mostri della viticoltura aggressiva nell’affrontare peronospora ed oidio si avvia verso il lieto fine ”
Già la frase “elicotteri che sparano” mi sembra più consona alla recensione di Apocalypse Now che non ad un articolo sui fitofarmaci, ma mi chiedo il signor Pigozzo non può leggere ed informarsi prima di scrivere? Basta leggere persino questo blog (qui, qui e qui)

 

Premesso che gli elicotteri possono irrorare solo alcuni prodotti contro peronospora ed oidio e gli è vieto lo spargimento di insetticidi, diserbanti e disseccanti, con che leggerezza si utilizza la frase “fitofarmaci che facevano paura”? Lo si fa giusto per seminare un po’ di apprensione… (dato il periodo, dottor Pigozzo, non ne sentavamo certo il bisogno….).
E quale sarebbe la “fiaba” delle bollicine?
Io non vedo nessuna fiaba, vedo solo duro lavoro messo in cattiva luce da articoli qualunquisti e generalisti: se si deve parlare di inquinamento si facciano nomi e cognomi, si diano dati e situazioni, altrimenti è meglio stare zitti!
Ma questo è ancora niente rispetto a quello che vi racconterò domani.
AC
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19 ottobre 2011 3 19 /10 /ottobre /2011 12:36

parlare.jpg

Ammetto che parlare male dei politici in questo periodo è cosa sin troppo facile: la frase figurata recita "facile come sparare sulla Croce Rossa", ma non potevo (ne volevo) esimermi dal commentare l'ultima dichiarazione di Franco Manzato, brillante (?) assessore all'agricoltura della mia regione.
Politicamente non ho nulla contro l'assessore Manzato (anzi, come già scritto provo quasi una simpatia epidermica, ed al giorno d'oggi avere simpatia per un politico è quasi grave), ma non mi piace e mal sopporto il ritardo cronico con cui la politica si muove rispetto al nostro mondo ,in questo caso specifico caso del mondo vino. (Prosecco)
Ieri l'assessore ha insediato il tavolo tecnico del vitigno Glera (su specifica richiesta del sistema produttivo e delle due regioni interessate: Veneto e Friuli V.G.) allo scopo di "evitare squilibri di mercato", squilibri di mercato per altro già presenti e pressanti.
Manzato ha spiegato che "Il tavolo  coinvolge tutti i rappresentanti della filiera: i Consorzi di Tutela Prosecco Doc, delle DOCG Conegliano Valdobbiadene e Asolo, i rappresentanti di Coldiretti, CIAVeneto, Confagricoltura, Copagri Veneto, Anpa Veneto, Confcooperative, Unindustria, Icq ed Avepa" (si sà, più si è... meglio si va nel far casino!) e lo scopo dovrebbe essere il prevenire squilibri tra offerta e richiesta"...
Queste le sue parole: "la superficie massima di Glera, tra impianti già effettuati e diritti di portafoglio ancora in tasca suddivisi tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, si attesta sulla soglia dei circa 20 mila ettari, e la quota veneta sarà pari a 16 mila 500 ettari, per un potenziale teorico complessivo di 2,4 milioni di ettolitri!"
"Rispetto a questo potenziale e alla forte crescita di impianti e di prodotto avvenuti in concomitanza con la nuova definizione della DOC Prosecco di territorio, e' indispensabile controllare l'evoluzione dei mercati per adattare la produzione della Denominazione alla reale domanda, in modo da evitare squilibri con l'offerta che penalizzerebbero i produttori e il vino" infatti "una produzione incontrollata sarebbe una sciagura, una vera e propria discesa agli inferi per la nostra enologia, mentre la fermezza nelle regole ci da' ulteriori certezze e prospettive e contribuisce a fornire ulteriore prestigio al 'made in Veneto" (vedi linklink )
 
Assessore, lei che è assessore all'agricoltura dov'era in questi ultimi dodici mesi?
Ma si rende conto che il Prosecco è già in una profonda crisi d'identità, per la quale è il prezzo che rincorre il mercato e non viceversa?
Ha cognizione che l'uva Glera atta a dare Prosecco DOC Treviso è stata valutata (vorrei scrivere pagata, ma non ho idea se ci saranno i soldi) nel range compreso tra i 90 centesimi e 1,10 euro al chilogrammo? Ed in questo momento si trova Prosecco spumante DOC Treviso ad euro 2,20 - 2,40 franco grossista?
In quegli 1,50 euro (di massima forbice) ci sono spese di lavorazione, di sistema produzione, costo bottiglia, packaging, trasporto, provvigioni ed utili aziendali... 
Sono voluti salire tutti sulla "barca Prosecco", varata per tutelare la riserva di nome (senza utilità visto che in mezzo mondo si ostinano a produrlo impuniti come prima) ma che risulta essere troppo affollata e quindi prossima ad inabissarsi....
La richiesta di Prosecco in questo momento viene mossa per prima dal prezzo (la prima domanda dell'acquirente commerciante è "quanto costa?" ancor prima di "da dove viene e che qualità ha") e voi politici insediate i tavoli tecnici di controllo... con un anno di ritardo!
Certo la colpa non è tutta vostra (5 anni fa, non 15, ad un incontro pubblico di zona ho chiesto perché non si utilizzasse il nome Valdobbiadene fregandosene del termine Prosecco, e mi è stato risposto che non serviva perchè il Prosecco è già "esclusivamente vino nostro...") ma se voi, che avete il dovere di pianificare, aspettate a chiudere le stalle dopo che i buoi sono sparsi per la campagna....... 
 
AC
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27 settembre 2011 2 27 /09 /settembre /2011 17:15

comunicaLa cattiva informazione - parte 2°

Come tanti, come molti, come tutti (o quasi) amo e bevo il vino perché mi piace, perché è buono, perché si abbina con ogni cibo, perché (come magistralmente scrive Hugh Hugh Johnson) è la bevanda che ha il potere di bandire gli affanni, lo bevo perché è la bevanda edonistica per eccellenza!

Per contro ci sono tre motivi per cui mai ho bevuto, questi:
non ho mai bevuto vino "perché di moda"
Non ho mai bevuto con l'intento di alterare la mia condizione psicofisica fisica, cioè ubriacarmi (il che non significa che qualche volta non abbia esagerato, ma quello era il frutto dell'aver bevuto, non la causa).
Non ho mai bevuto perché "fa bene".
Sul terzo aspetto si è scritto tanto, molto e di più: bere del vino perché "fa bene" è la palla più grande che si possa propagare, e per quanto possa far comodo questa diceria nessun esperto o appassionato di vino vi dirà mai che beve "per stare meglio": quella può essere la patetica ed irreale scusa per tacitare la coscienza di qualche alcolizzato o di chi eccede regolarmente, null'altro.
Indubbiamente bere (moderatamente) fa bene all'anima ed all'umore, ed il piccolo aggravio che comporta l'aver introdotto dell'alcool viene equiparato e sorpassato dai benefici umorali, ma da qui a sostenere che il resveratrolo, i polifenoli, i sali minerali e quant'altro disciolto nel vino siano utili ed indispensabili ve ne corre, ed anche fosse li potremmo trovare in altro modo.
Per questo, visto che tanti blogger ne hanno già scritto e discusso, sono rimasto spaesato quanto alcuni giorni fa ho letto una mail con all'oggetto la seguente dicitura: PROSECCO FA BENE A CUORE E CERVELLO, I RISULTATI DELLA READING UNIVERSITY.
La mail, spedita da un fin troppo prolifico ufficio stampa di una ditta di Pianzano (TV) che ometto per una sorta di imbarazzo che provo per loro, riportava i seguenti passaggi:
"Bevete 'il Prosecco', fa bene alla salute! Uno studio 'from UK' della Reading University, afferma che i "vini bianchi con bollicine" favoriscono il benessere di cuore e cervello. La ricerca, datata qualche tempo fa, e che non ha quasi per nulla fatto parlare i media locali e nazionali, ha affermato che il vino Prosecco è ricco di polifenoli, sostanze antiossidanti che permettono di diminuire l'ipertensione e proteggono il sistema cardiovascolare. Speriamo che 'La notte della Ricerca' sia l'occasione per far parlare di questa importante scoperta".
La mail prosegue in questo modo "Così, dalle pagine di prosecco omesso.com, i viticoltori della Casa spumantistica omesso, produttrice di omesso, il Prosecco', affermano quanto utile il Prosecco sia nella cura e prevenzione di alcune patologie. ecc. ecc.
Saltando di palo in frasca si arriva al poco comprensivo punto in cui si legge quanto segue "ll gene "Dxs", individuato dai ricercatori dell'Istituto Agrario di San Michele all'Adige e che determina l'aromaticità delle uve, è una tangibile scoperta di come la ricerca italiana sia viva, seppur spesso trattata come settore di serie D, forse E. Il problema sono sempre 'i schei', servono più fondi alla ricerca, anche in enologia e viticoltura! UK docet" affermano i omesso.
Qui mi perdonino i tantissimi amici viticoltori, ma la misura va oltre i lecito: egregi produttori del Prosecco che fa tanto bene, se le tasse in Italia venissero pagate nella misura in cui sono sottoposte le Aziende Agricole altro che permetterci la ricerca di serie D, saremmo alla serie Z.., almeno su questo punto potevate aver il buon gusto di stare zitti!
Comunque tant'è, non è questo il motivo del mio post: per quanto fondata e vera sia la ricerca inglese si può veicolare la vendita di un vino in tale modo nel 2011?
Sinceramente se fossi un viticoltore proverei vergogna nel promuovere così il mio vino: direi "bevete il mio Prosecco perché è buono, perché è il migliore, perché è prodotto con maggiore cura", ma il "perché fa bene" è frase che lascerei ai medicinali.
E se questo è il modo di comunicare il vino di alcuni produttori veneti provo sincero imbarazzo nell'essere loro conterraneo!
 
AC
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20 settembre 2011 2 20 /09 /settembre /2011 17:48

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Non vi è dubbio: ognuno vive la vendemmia a modo proprio!
C'è chi la vede come il frutto di un anno d'impegno, chi la vede come il momento di massima fatica fisica e mentale, chi ne ha visione poetica e romantica (visione riservata a chi non vendemmia in modo fisico, ma magari si limita a gironzolare tra i filari) ed infine chi ne ha un concetto meramente economico...
Anche quest'anno, per meglio vivere il vino ed apprendere nozioni su di esso, ho prestato la mia opera per un paio di giorni, e come negli scorsi anni ho raccolto impressioni, immagini, sensazioni, idee e convinzioni.
Alcune riflessioni sono maturate sino a divenire note che vi espongo.
La prima è che la vendemmia è fatica, tanta fatica... l'ho già scritto lo scorso anno, ma mi ripeto volentieri!
Sarà pure il momento della festa, della concretizzazione di un anno d'impegno, sarà quello che volete, ma recidere grappoli dalla mattina alla sera non è meno faticoso che stare in catena di montaggio oppure in linea di produzione, ancora più faticoso il lavoro per chi l'uva "la porta", ovvero quelle persone che raccolgono i secchi d'uva (in altre zone le cassette o le gerle) da sotto il filare e le trasportano sino al rimorchio o al camion da dove verrà dirottata alla cantina di pigiatura.
La seconda è che la vendemmia è una corsa contro il tempo.
Quando l'uva è matura bisogna raccoglierla, raccoglierla in fretta, prima che l'acidità scenda, prima che arrivi il brutto tempo, prima che succeda chissà che.
E' una corsa contro il tempo per chi la conferisce, per chi la pigia, per chi fa le analisi del mosto, per chi travasa e trasforma, e per tutti coloro che sono in cantina. 
Se l'appassionato potesse conoscere certe corse contro il tempo che mi è stato concesso di vedere, avrebbe altra opinione dei cantinieri e degli enologi: vedere le luci di cantina spegnersi alle 02,00 del mattino per riaccendersi alle 6 e qualche minuto, per decine di giorni, mi fa sempre dire "che bravi..." 
La terza è che un vino lo puoi giudicare al centodieci per cento se ne hai raccolto l'uva.
E' importante saper degustare un vino, analizzarlo dal punto di vista sensoriale e chimico, ma solo chi ha raccolto l'uva (o almeno ha visto l'uva prima di spremerla) può avere, e dare, la visione completa di quel vino.
La quarta è che l'annata può essere giudicata solo ad uva spremuta, mosto fermentato e vino finito.
Ridicolo chi si accredita il potere di giudicare l'annata solo guardando l'uva nel vigneto ed osservando le tabelle di maturazione: premesso che può succedere di tutto (anche una grandinata il giorno prima di raccoglierla) le incognite legate alle condizioni caldo-freddo-pioggia-sole sono tali che (per fortuna) solo al dio Bacco è concesso dire "annata magnifica" il 15 agosto, per tutti gli altri si deve attendere che il vino fermenti. (e ciò va a braccetto con la terza visione).
La quinta: non credete a chi vi propina l'assioma che l'uomo è più importante del territorio: raccogliere la stessa tipologia d'uva in 7,8,9 vigneti diversi (distanti magari solo poche centinaia di metri) e con il privilegio di poterla vedere, annusare, assaggiare, ti fa comprendere che il suolo conta ben più del 33% del risultato finale.
La sesta è... voler ringraziare chi l'uva la coltiva: ovunque, comunque, e sempre: che coltiviate a 700 metri di altitudine o a livello del mare, su colli scoscesi oppure in pianura, con metodi ancestrali oppure con l'ausilio della tecnica più innovativa, in ogni caso io vi ringrazio perché, senza il vostro sforzo, non ci sarebbe ciò che amiamo: il vino!
 
Infine, la settima. Più che una riflessione è una domanda: non è che si stia sottovalutando un problema che potrebbe divenire enorme? Quello legato ad una Drosophila.... Ne ho potuto prendre visione di persona: una piccola, microscopica, colatura vicino al picciolo, provocato da un ancora più piccolo microscopico taglio nell'uva. Ed a fare quel "taglio" è stato un insetto che potrebbe divenire "la filossera del ventunesimo secolo": la Drosophila Suzukii.
Per adesso quasi nessuno ne ha parlato, ed io malvolentieri (visto cosa potrebbe provocare) ne parlerò domani.
 
AC
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5 settembre 2011 1 05 /09 /settembre /2011 12:31

nozze di cana

Sabato 3 settembre, ore 19,15.

Non sono in grado di comunicarvi la temperatura dell'aria o il tasso di umidità presente, ma vi assicuro che per tutti agli invitati al matrimonio cui ho presenziato sabato, l'arrivo nella bella villa situata a pochi chilometri da Montebelluna (TV) è stato motivo di conforto: non solo per le sale climatizzate o per il giardino confortevole, ma anche per la possibilità di rinfrescarsi e deglutire una fresca bibita, visto che la temperatura percepita era più consona ad una oasi sahariana che non alla campagna trevigiana in un sabato di inizio settembre...
Una volta placata la sete e ristabilito quel minimo contegno che una cerimonia nuziale richiede (mal sopporto chi si toglie la giacca durante un pranzo nuziale, ma sabato ho perdonato persino quelli che non l'hanno indossata durante la santa messa) ci siamo tutti avvicinati al ricco antipasto servito a Buffett, ma nel mio caso era ancora la sete a stimolarmi.
Proveniente da un elegante magnum in vetro bianco mi viene versato nel calice un'acqua di colore giallo paglierino molto scarico, direi appena percettibile, e con evidente effervescenza....
"Sarà acqua gasata proveniente da qualche sorgente sulfurea, e forse a questo è dovuto il viraggio del colore?" Questo il mio primo pensiero.
Prendo il calice gentilmente offerto dal cameriere e lo porto al naso: al profumo si presente impercettibile, o quasi, di ogni sentore...
Al gusto si presente impercettibile, o quasi, di ogni sapore...
L'evidente effervescenza colta all'aspetto si ripropone in bocca attraverso bolle grossolane e sgraziate.
Malgrado la fresca temperatura cui era stata servita, l'acqua appena bevuta rilascia, oltre ad una lieve acidità, un calore al palato che sembra quello rilasciato dall'alcool.
Troppo incuriosito chiedo al cameriere di vedere la bottiglia con cui aveva riempito il mio bicchiere, e da quanto scritto in etichetta scopro che avevo ragione: contiene poco più del dieci per cento di alcool!
Strano per dell'acqua... a questo punto leggo l'etichetta nella sua completezza e vi trovo scritto Prosecco DOC Treviso.
Gioia e gaudio, ho appena assistito alla tentata riedizione del miracolo della tramutazione dell'acqua in vino, popolarmente più noto come miracolo delle nozze di Cana.
A differenza del primo miracolo compiuto da Nostro Signore però questo è riuscito male, e nessuno potrà dire «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono» come scritto nel Vangelo secondo Giovanni, e non certo perché tale vino è stato servito per primo.... 
 
P.S. a parte quanto appena scritto la conclusione è una sola: o si inizia a produrre seriamente anche il prosecco di campagna oppure ben vengano gli sumanti denominati Prosecco di origine brasiliani anzichè australiana: peggio di quel finto trebbiano spumantizzato alla garibaldina non si può fare!
AC
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31 agosto 2011 3 31 /08 /agosto /2011 07:17

fondo

Purtroppo il poco tempo a disposizione avuto prima delle ferie non mi aveva lasciato il tempo di commentare la bella manifestazione svoltasi a Guia di Valdobbiadene nel periodo compreso tra il 29 luglio ed il 7 agosto scorso, ma lo faccio oggi nella speranza che quanto scriverò possa esservi di stimolo per partecipare alla prossima edizione.
La manifestazione mi è piaciuta, mi è piaciuta molto, questo aldilà del vino degustato o del piacevole programma presentato (quasi ogni sera incontri gastronomici e di abbinamento): mi è piaciuta per il metodo di servizio (e la gentilezza) adottata dal personale di servizio, per il fatto che fosse manifestazione aperta all'intero territorio e non al singolo comune (o frazione) ed infine perché ribadiva l'abbinamento principe del nostro territorio: Sopressa e Vin col fondo!
Martedì 2 agosto decido di degustare i vini presenti, ed il ruolo di mentore lo ricopre Andrea Miotto, bravissimo enologo e produttore di un fantastico Prosecco col Fondo, quel Profondo che vi ho descritto in questo post: chi meglio di lui poteva aiutarmi nel decifrare cosa avrei incontrato nel bicchiere?
Il luogo di svolgimento è lo stesso in cui si svolge la Primavera del Prosecco, nella piazzetta centrale di Guia!
A catalogo risultano essere presenti 29 produttori, che risulteranno essere qualcuno in più nella lista presente al banco mescita (per mia fortuna, visto che uno dei non scritti risulterà essere tra i migliori), ma con Andrea decidiamo di selezionare 20 produttori, numero limite per degli assaggi corretti in un ambiente aperto al pubblico.
Fantastico il metodo di servizio: ogni bottiglia è correttamente riposta in frigorifero in posizione verticale, viene aperta al momento, caraffata con attenzione (separando i lieviti depositati sul fondo della bottiglia) e solo dopo il vino viene versato nel calice, e tale operazione viene effettuata ogni volta che il vino presente in caraffa era presente da più di un certo lasso di tempo.
Per correttezza devo ammettere che io rispetto l'idea di tutti su come il Prosecco col Fondo debba essere servito, la rispetto e non la contesto, ma ritengo che questo sia l'unico che debba essere perseguito: bottiglia molto fresca se non fredda, e separazione del torbido prima di versare... se poi qualcuno preferisce la temperatura ambiente, o il vino agitato (magari entrambe) faccia pure, ma ciò non incontra il mio piacere.
Come nota negativa devo segnalare che la media dei vini non mi ha entusiasmato, non tanto per la presenza di vini decisamente deficitarii o fatti mali (su 20 solo 2 sono risultati proprio cattivi e non proponibili) quanto per un livello tendente più al mediocre che all'eccellenza... credo che ciò sia dovuto ad un comportano di fondo (parola che ci azzecca) sostanzialmente comune: molti produttori vogliono avere nel proprio listino il prosecco col Fondo, ma senza crederci in modo certo e sicuro, ovvero senza impegnare le necessarie attenzioni e le vasche più adatte.
Probabilmente è esatto quanto sostiene un grandissimo produttore di Valdobbiadene (il quale non propone ne produce Prosecco col Fondo) quando mi ha spiegato che il Col Fondo deve essere l'eccezionalità che il mondo del Prosecco Superiore può proporre, e non la base su cui rimestare tutto ciò che avanza... 
Ad ogni modo 4 vini hanno pienamente soddisfatto me e l'amico Andrea, anzi ci hanno nettamente convinto, al punto che già questi 4 vini sarebbero stati sufficienti per giustificare la nostra gita in quel di Guia!
Questi i produttori: Azienda Agricola Bival di Guia di Valdobbiadene (0423.900302), Az. Agr. Mario Matio, sempre di Guia di Valdobbiadene (0423.900341), Az. Agr. Cà dei Zago di Valdobbiadene (0423.975395) (uno dei non presenti a catalogo, da qui la mia nota soprascritta) ed infine l'Az. Agr. Spagnol Orazio (0423.987177), quattro vini che non esiterei a mettere in cantina vista la loro grandissima piacevolezza e le sfaccettature così marcate, tali da farti cogliere appieno che sono vini risultato del territorio e non di cantina.
Vi consiglio vivamente di visitare tale mostra il prossimo anno.
 
AC
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12 luglio 2011 2 12 /07 /luglio /2011 12:40

Sovrap

Molto spesso quando si parla della qualità di un vino ci viene ricordato che essa è figlia del celeberrimo "triangolo virtuoso": Territorio - Vitigno - Uomo,  ma in compenso, altrettanto spesso, ci si dimentica che l'ultimo vertice di tale triangolo è anche protagonista del successo commerciale di tale vino: nessun prodotto, per quanto buono, si vende da solo... eppure la componente umana viene curiosamente ignorata nei discorsi riguardanti il futuro di un vino, come se il "mercato" lo facessero solo la qualità, il prezzo, l'acquirente finale e magari chi supporta l'immagine di un vino (giornalisti). 
Quindi, come per tutti i vini, anche per il futuro del Prosecco sarebbe indispensabile tenere presente la componente umana: se il Prosecco è arrivato al momento di indiscutibile gloria che sta vivendo, questa la si deve tanto alle persone che ne hanno curato l'aspetto produttivo (in vigna ed in cantina) quanto alle persone che ne hanno curato il successo commerciale, pertanto nomi come Carpanè, Mionetto, Franco, Bortolomiol, Ruggeri, Bisol ecc. non sono meno importanti dei vari De Rosa, Dalmasso, Cosmi, nuovamente Carpanè, Dall'Olio, Cerletti ecc. (e delle migliaia di persone che le viti le hanno coltivate sugli splendidi colli).
Forse mi sbaglio ma credo fermamente che se il Prosecco fosse stato coltivato (con pari risultato tecnico) in altre zone il successo non sarebbe stato tale: nelle genti che abitano la zona pedemontana racchiusa tra Valdobbiane e Conegliano si ritrova il carattere commerciale, pragmatico ed ospitale che connota la popolazione
veneziana, unito però al sano realismo ed alla serietà d'intenti di chi vive nell'arco alpino appena sovrastante: Cadore ed Agordino! (non per nulla si è esattamente a metà strada).
Ed allora prima di ipotizzare scenari catastrofici per le zone del Prosecco DOCG, a favore delle più remunerative e facilmente coltivabili nuove DOC di pianura, non sarebbe il caso di attendere la reazione da parte dei produttori che hanno creato il "fenomeno Prosecco"?
Non credo che la facilità di produzione ed il costo contenuto del prodotto di pianura avrà mai la meglio sulla qualità che si può ottenere in Riva (anzi, ne sono autenticamente certo) ma credo anche che mai i produttori che stanno piantumando a destra ed a manca riusciranno ad avvicinarsi a chi questo vino l'ha lanciato e lo sta sostenendo: appena posso (e molto volentieri) mi incontro con chi ha fatto la storia recente del Prosecco, ed ogni volta rimango colpito dalla voglia di intraprendere, fare, promuovere e migliorare che queste persone trasmettono, e trovo analoghi comportamenti anche nelle giovani leve (magari figli di produttori già affermati oppure freschi imprenditori di se stessi), anzi sono spesso maggiormente motivate e più intraprendenti rispetto agli augusti genitori...
Prova ne ho avuta alcune settimane fa durante un piacevolissimo pranzo svoltosi in uno degli scenari più belli del Valdobbiadenese (Sovrapiana): ero con Andrea Miotto, Marco Spagnol, Nicola Frozza e Luciano Rebuli, tutti validissimi tecnici ed in parte proprietari agricoli, persone con cui appena posso scambio opinioni e giudizi sul vino, e da cui mi vanto di trarre preziosi insegnamenti, assieme a loro vi era Christian Zanatta, autentico enfant prodige del mondo Prosecco, ed a mio modesto parere destinato ad avere un ruolo di primo piano nel futuro di questo vino (e non voglio escludere Enrico Battiston: persona che non appartiene al territorio del Prosecco, ma il cui nome sentiremo sicuramente pronunciare nel domani del vino italiano): bene, ascoltare questi ragazzi (rispetto a me lo sono in toto) mentre con semplicità e sicumera discutevano di metodologie, qualità, terreni, viti, problemi pratici e teorici, errori e pregi di chi li ha preceduti, ed ancora qualità, qualità e qualità, mi ha fatto comprendere (una volta in più) che il terzo vertice del triangolo brilla come non mai nella DOCG di Valdobbiadene-Conegliano, e che quindi il futuro è roseo oltre ogni aspettativa! 
Oltre ogni pensiero di chi gufa...
 
AC
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18 marzo 2011 5 18 /03 /marzo /2011 12:51

Daily

Nell' hannus orribilis 2009 nessun produttore del Conegliano - Valdobbiadene si era illuso: l'enorme popolarità del loro vino nel mercato anglosassone aveva una ben precisa causa, un prezzo invidiabile a quasi ogni altro vino ed un rapporto prezzo-qualità impossibile da ritrovare nello sparkling wine preferito dagli inglesi, lo Champagne!

Tale aspetto, sottolineato da tutti i giornalisti ed esperti di settore, era ed è impossibile da controbattere, cosa che per altro nessun produttore ha desiderato fare: per la saggezza ed il pragmatismo ereditato dai mercanti Veneziani (leggere il capitolo I mercanti del Mare, ne La Storia del Vino di Hugh Johnson, per meglio comprendere) quasi tutti i produttori si sono adoperati di cogliere appieno l'opportunità data dal momento senza preoccuparsi del motivo (e del divenire) evitando la benché minima perdita di tempo con quanti si sono sgolati per  ripetere lo slogan "a recessione passata si tornerà alle origini!" (ovvero lo Champagne i riprenderà il suo posto).

Ed i fatti sembrano proprio aver dato ragione a quelli che (un po' grezzamente) vengono definiti "i prossecchisti": complice una recessione da cui anche in Inghilterra non si è completamente usciti, ed il cui perdurare ha consentito l'introduzione di nuove abitudini, lo spumante Charmat proveniente dalle Prealpi Venete ha spodestato tantissimi altri vini nelle abitudini dei sudditi di sua maestà Regina Elisabetta, al punto di divenire vino di riferimento come spumante per aperitivo ed il light drink, lasciando allo Champagne solo il ruolo di Spumante per le grandi occasione (ed i grandi pranzi).

D'altra parte non serve essere inglesi per comprendere che tra lo scegliere una spiacevole e pesante metodo Classico di costo medio (non potendo permettersi un più costoso, e qualitativamente più buono, prodotto di fascia alta) ed un piacevole spumante Charmat dall'invidiabile facilità di beva e dal costo contenuto, è meglio scegliere quest'ultimo!

Ed oggi il Prosecco non solo è vino che vanta numeri impensabili sino a qualche anno fa nel mercato Britannico, ma la sua forza di penetrazione è stata tale da essere inserito nel shopping basket (l'equivalente del nostro paniere ISTAT) per il calcolo dell'inflazione. A dimostrazione della sua incredibile diffusione e di come sia oramai prodotto di uso quotidiano e conclamato.

Aprire il sito del Deilymail di mercoledì e leggere Prosecco pushes lager off national shopping list used to calculate inflation (vedi link) non è certo cosa che capita tutti i giorni... Infatti  spodestare da tale paniere la birra, bevanda britannica d'eccellenza, equivarrebbe a dire che in Italia il prezzo del Katecuhp ha sostituito quello della passata di pomodoro. Una cosa impensabile! (attenzione, sostituire, non affiancare!)

Un plauso ai produttori di tale vino che si sono impegnati per far capire che a fronte di discreti (a volte cattivi?) spumanti metodo Classico dal rapporto costo-qualità errato la pacifica spesa per bere uno spumante seducente e a volte facile com'è il Prosecco è una scelta vincente.

Ed a crisi esaurita (speriamo presto) il Prosecco rimarrà certamente sulle tavole degli Inglesi!

 

AC

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