Ricevo il seguente articolo da un socio del Circolo dei Saggi Bevitori, con invito alla pubblicazione. Come da mia abitudine pubblico più che volentieri.
Raffaele Troisi: Mi sembra ingrato, aver degustato il meglio della sua produzione e non scrivere nemmeno una riga di ringraziamento .
Inizia con vera modestia, tranquillo , come i suoi vini: ci parla delle sue vigne, della sua azienda, del suo territorio, delle sue difficoltà (chi non ne ha), dopo un po’ presti più attenzione perché è uno che il vino lo fa sul serio, realizzi che dietro la presentazione c’ è una capacità tecnica non indifferente .
Dopo le prime battute arrivano , attese, le prime due “ombre” : Coda di Volpe 2012 e Fiano 2012. Sulle prime (complice anche la temperatura) non mi sembrano un gran che, riguadagnate le giuste temperature scopro petali di rosa e (veri) fiori d’ acacia sul Coda di Volpe, ed un nervo di gran classe sul Fiano, la storia , la descrizione del lavoro svolto e l’ immagine del grappolo di Coda di Volpe mi entusiasmano… A seguire le riserve di Coda di Volpe , Fiano e Greco , bianchi di qualche anno , molto apprezzati dagli esperti del genere e sui quali (non essendo portato) posso solo rilevare (e mi scuso) la perfezione tecnica .
Prima di passare ai rossi , condivido al 101% le risposte di Raffaele sul perché non fa macerazioni lunghe sui bianchi (semplicemente perché non segue le mode) , e perché non applica tecniche biologiche o biodinamiche (semplicemente per avere un vino buono occorre un’ uva sana).
Passiamo quindi ai due Aglianico (quota sette) , con molta onestà intellettuale propone oltre al proprio 2010 (sorprendente per corpo, maturazione e tannini quando dichiara “solo acciaio”) , propone l’ Angelarosa non suo, ma perfettamente “costruito” in maniera che le morbidità e il legno non stravolgano la base autoctona .
Dopo i chiarimenti di rito ed i saluti, nel parcheggio, bottiglie mitteleuropee e franciacortine proposte dagli irriducibili superstiti, il buon Raffaele estrae dalla sua auto un sublime pecorino di Laticauda , che si “accoppia” perfettamente (dire si sposa è ancora poco: accoppia è la parola giusta) con i suoi migliori nettari appena assaggiati .
“In vino veritas” , apprendiamo ed approfondiamo la sua storia e le difficoltà di fare impresa nel suo territorio. Alla fine per pietà verso moglie e figlia che come lui si sono sciroppate 900 km di italiche autostrade, e data l’ ora veramente tarda, ci lasciamo con un sentimenti di stima e amicizia.
Grazie Raffaele, un produttore “vero” di vini buoni.
Andrea