Ammetto che anch’io, come tanti, mi ero perso nella querelle “Bollicine si - Bollicine no” oppure “Spumante va bene - spumante non va bene”, ed avevo perso di vista il vero obbiettivo: parlare di vino e non di forma….
Ci stiamo veramente perdendo in un bicchiere di vino per decidere se il modo giovanile di definire gli spumanti (bollicine) possa andare bene oppure sia dispregiativo verso alcuni vini (sarà mai?), oppure ci intestardiamo nel voler abrogare la designazione merceologica (perché, siamo onesti, il termine spumante è una designazione merceologica: anche i più prestigiosi Spaghetti n° 5 del miglior grano duro e trafilati al bronzo, alla fine rientrano sotto l’anonima voce merceologica di Pasta, eppure nessuno si scandalizza) e così facendo ci distraiamo e perdiamo il punto d’orizzonte degli spumanti italiani: quale sarà il loro futuro?
Pessimo, il futuro dello spumante italiano sarà pessimo (parlo della sorte, non della magari singola qualità), schiacciato da improvvisazione e rincorsa produttiva.
In questo momento la tipologia di vino in maggior ascesa rimane lo spumante: è diventato viatico dell’aperitivo ad ogni latitudine, sia quando viene utilizzato da solo, sia quando lo si impiega per produrre gli aperitivi più richiesti del momento (il veneto Spriz, l’AltoTesino Hugo e tanti altri: negli anni 70-80 l’aperitivo era il vermut, magari con ghiaccio, ora come ora si fatica persino nel bere uno splendido prodotto come potrebbe essere il Gingerino - e tutti gli altri similari - senza averlo spruzzato con almeno un po’ di spumante). E’ diventato vino che si utilizza sempre con maggior piacere per accompagnare i piccoli incontri con il cibo (Prosciutto crudo, Parmigiano Reggiano ed un grande Brut, conoscete spuntino più allettante?) oppure il vero pasto (qualche anno fa c’era chi inorridiva nel vedere una cena, magari di tutto pesce, accompagnata dalle sole bollicine, oggi il consumatore sembra preferire il pasto completo a bollicine) e quanto sopra sta portando sempre più aziende nel ricercare tale produzione.
Produttori, anche di prestigio, che sino a 12 o 24 mesi fa inorridivano alla sola idea che uno spumante entrasse nel loro listino oggi ne presentano due se non tre, molte cantine stanno sperimentando la produzione di spumanti con uve sino ad oggi mai testate o utilizzate per tutt’altro: recentemente ho appreso di una cantina dai volumi veramente notevoli che ha sperimentato un metodo classico con il proprio Chardonnay, famoso più per essere vino di prezzo che non di prestigio (e, per pura associazioni di idee, scommetto anche lo spumante sarà tale) e di tanti viticoltori che stanno utilizzando, in via sperimentale le loro uve mai impiegate per dare bollicine (dal bravo produttore di Kerner a quello del Pigato ed avanti per questa strada).
Alle ultime manifestazioni cui ho partecipato lo spumante era onnipresente, presso ogni produttore: non importa se manca storia, tecnica o vocazione, il periodo è magro, e se il consumatore chiede spumante esso sia….
Qualità spesso mediocri, differenza tra la base ed il vertice qualitativo rappresentata solo da fermentazioni sui lieviti protratte nel tempo (amici produttori, se il vostro vino non ha la struttura necessaria una maggiore permanenza sui lievi servirà solo a rendere evidenti le sensazioni di ossidato) assenza di grandi risultati, e siamo solo all’inizio, a mio vedere il futuro ci riserverà di peggio!
E con tutto ciò noi dovremmo preoccuparci se la parola bollicine è antiestetica o la designazione spumante eccessivamente generalista? Sarebbe come preoccuparsi se colore delle porte della stalla (rimaste aperte dopo che le vacche sono scappate) sono sufficientemente in tinta con il resto dell’edificio!
AC